Editoriale
Sicurezza nelle città
Stupri, aggressioni, violenze. E le donne sono le più esposte al rischio. Lo annunciano i media per denunciare le città poco sicure, mentre si diffonde una paura generalizzata, letta dalla maggioranza come motivo per ampliare l’azione repressiva (affidare alla polizia e all’esercito i compiti di vigilanza e controllo) e dall’opposizione come segno di incapacità di governo. La paura è un sentimento che oscura la ragione ed è facile strumentalizzarla per altri fini. La repressione appare come una risposta immediata, che raccoglie consenso, ma che agisce sul breve periodo; mentre nel medio-lungo periodo occorrono regole di comportamento e senso di responsabilità, in un quadro di politiche di pace e di giustizia sociale. Ciò non significa sminuire o negare i fatti che restano comunque gravi; si tratta piuttosto di riconoscere che la repressione da sola non basta, con il rischio che essa diventi strumento di propaganda politica.
Da dove cominciare? La violenza è nascosta nei linguaggi, nella pubblicità, in televisione, nello sport; ed è proprio in questi ambiti che trovano legittimazione certi modelli. Non è facile moralismo, ma la consapevolezza che la cultura è una costruzione continua.