Editoriale
Ma i servizi si interrogano?
Soltanto per una tragica coincidenza i corpi dei due fratelli di Gravina, scomparsi quasi due anni fa, sono stati trovati in fondo ad un pozzo. Disgrazia? Omicidio? Induzione al suicidio? Non vale la pena di discutere di questo. I giornali però hanno raccontato la loro storia: una storia di abbandono, di vita di strada, di amicizie con altri ragazzi con storie simili. I servizi sociali conoscevano le loro storie ed erano già intervenuti in loro aiuto; come probabilmente conoscono le storie degli altri ragazzi che vivono la strada, le case abbandonate, i pozzi aperti come l’ambiente del loro gioco; ragazzi che forse amano il rischio, le sfide, le “bravate”.
In casi come questi i servizi sono adeguati per garantire una reale tutela e per prevenire il disagio?
E le comunità sono in grado di prendersi cura dei ragazzi che vivono tale disagio?
La domanda non intende essere, neppur minimamente, un atto di accusa o un sospetto nei confronti dei servizi sociali di quel Comune, né di quella comunità. La domanda piuttosto è un invito alla riflessione e all’auto-analisi ed è indirizzata a quanti, pur con diverse responsabilità, si occupano di politiche sociali.